L'amorpolenta
Trovo che la meraviglia di questo dolce cominci dal nome. Riempie la bocca di dolcezza prima ancora di mangiarlo, evoca la morbidezza, l'affetto e anche la lentezza dei gesti di tempi passati.
Ma, ahimè, io vivo in una famiglia di dissacratori: hanno tutti un talento puro per ridurre in barzelletta ogni poesia.
Orbene, da quando mia figlia, da piccola, non ha capito al volo il nome di questa squisitezza e mi ha chiesto "mamma, mi dai un po' della morte lenta?" provocando un'ovazione ed un tripudio di applausi, questo, in casa, è diventato il nome ufficiale del dolce.
Quindi, capirete l'imbarazzo quando, in presenza di qualche estraneo, i miei figli (anche ora che sono grandi e lo fanno con gusto sadico) mi chiedono "la morte lenta" per merenda.
Per fortuna gli sguardi perplessi degli ospiti, si tranquillizzano e si illuminano all'istante, non appena comincio ad affettare il dolce mentre scaldo l'acqua nel bollitore del tè.
Seriamente: l'amorpolenta è un dolce che affonda le radici nella tradizione contadina, quando l'aggiunta della farina di mais (da cui l'origine del nome) era un modo economico per vivacizzare ed irrobustire il sapore delle ciambelle di casa.
In questa versione c'è la presenza di una percentuale di farina di mandorle, ma la ricetta della tradizione non ne prevede l'uso. Omettendola si avrà cura di sostituirla con identica quantità di farina di grano.
70 grammi di farina di grano tenero OO
70 grammi di farina di mais fine (fioretto)
60 grammi di fecola di patate
70 grammi di farina di mandorle
2 uova + 2 tuorli
125 grammi di burro
125 grammi di zucchero a velo
Semi di una bacca di vaniglia (o aroma di vaniglia)
Accendere il forno a 190°.
Montare molto bene il burro con lo zucchero fino ad ottenere un composto soffice e chiaro. Aggiungere la vaniglia e poi, uno alla volta, prima i tuorli poi le uova intere.
Miscelare le farine e aggiungerle con una spatola, a mano, facendo attenzione a smontare il composto il meno possibile.
Imburrare ed infarinare uno stampo con le scanalature e versarvi il composto.
Infornare per 50-55 minuti.
Se la superficie dovesse scurirsi troppo durante la cottura, coprirla con un foglio di alluminio leggermente appoggiato.
A cottura ultimata, attendere qualche minuto che il dolce si intiepidisca, poi sformarlo e spolverarlo di zucchero a velo.
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la presenza di farina di mandorle, non è l'unica divagazione di questa versione, la ricetta originale, infatti, non prevede la sostituzione di una parte di farina di grano e di mais con la fecola di patate, nè quella dello zucchero semolato con zucchero a velo. Queste modifiche tendono ad ingentilire un po' la consistenza del dolce, considerata la corposa presenza della farina gialla.
Lo stampo da amorpolenta, generalmente in alluminio, regala al dolce, oltre ad una forma deliziosa, una cottura perfetta, avendo giuste dimensioni di lunghezza, larghezza e profondità, ma purtroppo non sempre è facilmente reperibile; nel caso non lo si trovasse, nulla vieta di utilizzare qualsiasi altra forma, curando di adeguare il tempo di cottura.
Per preservare la morbidezza del dolce, conservarlo chiuso in un sacchetto di plastica per alimenti.
Ma, ahimè, io vivo in una famiglia di dissacratori: hanno tutti un talento puro per ridurre in barzelletta ogni poesia.
Orbene, da quando mia figlia, da piccola, non ha capito al volo il nome di questa squisitezza e mi ha chiesto "mamma, mi dai un po' della morte lenta?" provocando un'ovazione ed un tripudio di applausi, questo, in casa, è diventato il nome ufficiale del dolce.
Quindi, capirete l'imbarazzo quando, in presenza di qualche estraneo, i miei figli (anche ora che sono grandi e lo fanno con gusto sadico) mi chiedono "la morte lenta" per merenda.
Per fortuna gli sguardi perplessi degli ospiti, si tranquillizzano e si illuminano all'istante, non appena comincio ad affettare il dolce mentre scaldo l'acqua nel bollitore del tè.
Seriamente: l'amorpolenta è un dolce che affonda le radici nella tradizione contadina, quando l'aggiunta della farina di mais (da cui l'origine del nome) era un modo economico per vivacizzare ed irrobustire il sapore delle ciambelle di casa.
In questa versione c'è la presenza di una percentuale di farina di mandorle, ma la ricetta della tradizione non ne prevede l'uso. Omettendola si avrà cura di sostituirla con identica quantità di farina di grano.
Amorpolenta
70 grammi di farina di grano tenero OO
70 grammi di farina di mais fine (fioretto)
60 grammi di fecola di patate
70 grammi di farina di mandorle
2 uova + 2 tuorli
125 grammi di burro
125 grammi di zucchero a velo
Semi di una bacca di vaniglia (o aroma di vaniglia)
Accendere il forno a 190°.
Montare molto bene il burro con lo zucchero fino ad ottenere un composto soffice e chiaro. Aggiungere la vaniglia e poi, uno alla volta, prima i tuorli poi le uova intere.
Miscelare le farine e aggiungerle con una spatola, a mano, facendo attenzione a smontare il composto il meno possibile.
Imburrare ed infarinare uno stampo con le scanalature e versarvi il composto.
Infornare per 50-55 minuti.
Se la superficie dovesse scurirsi troppo durante la cottura, coprirla con un foglio di alluminio leggermente appoggiato.
A cottura ultimata, attendere qualche minuto che il dolce si intiepidisca, poi sformarlo e spolverarlo di zucchero a velo.
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Appunti:
la presenza di farina di mandorle, non è l'unica divagazione di questa versione, la ricetta originale, infatti, non prevede la sostituzione di una parte di farina di grano e di mais con la fecola di patate, nè quella dello zucchero semolato con zucchero a velo. Queste modifiche tendono ad ingentilire un po' la consistenza del dolce, considerata la corposa presenza della farina gialla.
Lo stampo da amorpolenta, generalmente in alluminio, regala al dolce, oltre ad una forma deliziosa, una cottura perfetta, avendo giuste dimensioni di lunghezza, larghezza e profondità, ma purtroppo non sempre è facilmente reperibile; nel caso non lo si trovasse, nulla vieta di utilizzare qualsiasi altra forma, curando di adeguare il tempo di cottura.
Per preservare la morbidezza del dolce, conservarlo chiuso in un sacchetto di plastica per alimenti.